Diritto Raguseo

Note al Libro Settimo (Diritto marittimo e della navigazione) del Liber Statutorum di Ragusa e sua traduzione

cennu sull'ordinamento raguseo

Cenni sull'ordinamento raguseo

Libro settimo
E’ utile ricordare che il Liber Statutorum di Ragusa data al 1272, a un periodo, cioè, in cui Ragusa si trovava in sovranità veneziana (1205-1385); quando, ormai, la materia del diritto medievale marittimo della Serenissima appariva compiutamente elaborata, regnanti i Dogi Pietro Ziani (1205-1229) Jacopo Tiepolo (1229-1249) e Ranieri Zeno (1253-1268).
Ragionevole, quindi, presumere una forte influenza veneziana sulla scrittura del  settimo libro di Ragusa che, comunque, rimane anzitutto uno Statuto medievale di autonomia.
Guido Bonolis, autore del più classico manuale in materia (G.Bonolis, Il diritto marittimo medievale nell’Adriatico, Pisa, 1921) avvertiva come “tra le fonti legislative adriatiche occorre fare una distinzione. Alcune di esse si diffondono molto sulla capacità della nave, sul suo zavorramento, sulla sua attrezzatura e armamento, dettando numerose regole; altre non se ne occupano, riferendosi evidentemente a un uso comune, o alle determinazioni contrattuali” (ivi, 72). La lettura della traduzione seguente mostrerà come il “navigar alla Ragusea” appartenga al primo gruppo di normative che prevedeva un importante intervento pubblico e di polizia in molte materie quali attrezzatura, sicurezza e simili. E’ il modello di Venezia dove l’intervento dello Stato diverrà anzi, col tempo, sempre più presente e severo fino a prevedere l’istituto degli “incanti”, cioè l’approntamento di navi da parte dello Stato per specifiche rotte, navi presentate, quindi, all’offerta pubblica. Ma la datazione dello Statuto assume rilievo anche perché si pone, con la normativa veneta, all’inizio di quella che gli storici chiamano Rivoluzione Nautica del Medioevo (c.a. 1250-1350) quando, come scrive Vilma Borghesi, “la navigazione mediterranea fu interessata da una serie di innovazioni tecnologiche, che compresero: 1) il perfezionamento della bussola giroscopica; 2) la redazione di carte nautiche e di portolani; 3) la compilazione di tavole trigonometriche per la navigazione…” (V. Borghesi, Il Mediterraneo tra due rivoluzioni nautiche, Firenze, 1976, 1).
Pare quindi, di potere notare, ricordando quanto sopra detto sulla pignola regolamentazione di polizia della navigazione a Ragusa e leggendo, tra altri il c.3 (De coredis et afisis navium) come almeno all’epoca, la bussola e le carte nautiche non facessero parte del corredo obbligatorio ragugino confermandosi “incerto se la bussola costituisse un elemento indispensabile del corredo di bordo” poiché “la pratica della navigazione mediterranea rimase legata generalmente ad una navigazione guidata dalla familiarità con la morfologia costiera più che all’uso di attrezzature scientifiche” (ivi,2).

Tornando propriamente allo Statuto, può dirsi certamente che Ragusa supera la normativa veneta sia per organicità, sia per l’ampia trattazione privatistica, civile e commerciale. E se le necessità della navigazione non potevano che uniformare le consuetudini marinare (prima o poi trasfuse nello scritto), tanto da scriversi come “nella dogmatica del diritto marittimo, è ammesso generalmente il suo carattere unitario” (D’Amelio); appaiono evidenti le diversità tra Venezia e Ragusa per dimensione territoriale e demografica, a tacere degli impegni internazionali e bellici: differenze che dovevano pure ricadere sulla marineria e la navigazione.


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Non si vuole qui commentare i 67 articoli del libro VII, dove è trattata materia varia, complessa e talora ancora oscura: se ne dà una traduzione piuttosto letterale quando non si è ritenuto di salvare il senso piuttosto della lettera.
Certo, questioni difficili come i tipi di associazione (per es: l’ “entega” è tipicamente ragusea, non viene mai definita nello Statuto e rimangono molti dubbi riguardo una precisa  identificazione e descrizione giuridica) possono rimanere oscure specie al non tecnico, a differenza del sesto libro (penale) assai chiaro; tuttavia la lettura conserva grande interesse offrendo un vivace ritratto della società ragusea di allora dove, ormai, troviamo affermati istituti della c.d. lex mercatoria, vera rivoluzione del mondo medievale.
Si tenterà poi di dare, traverso un breve indice di cose e nomi, alcune spiegazioni e chiarimenti.


Cristiano Caracci


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Traduzione del settimo libro del Liber Statutorum di Ragusa (1272).
1. Come i proprietari devono preparare le navi - Tutti i proprietari sono tenuti a presentare le proprie navi bene attrezzate e con le commessure calafate e altrettanto le fiancate, la coperta e la scialuppa secondo quanto concordato tra proprietari e marinai, a spese dei proprietari. E quando la nave o imbarcazione navighi in partecipazione, il guadagno deve essere diviso fra i marinai e la nave, e tutte le spese dei chiodi, della stoppa e del catrame siano a carico del proprietario.

2. Navi obbligate ad imbarcare lo scrivano - Tutte le imbarcazioni di portata superiore a seicento moggi di stazza devono imbarcare uno scrivano. Costui tiene la nota di tutti i marinai, sia di quelli che navigano in partecipazione, come quelli salariati e altresì dei mozzi e dei giornalieri, e di tutte le merci di proprietà individuale o sociale (entega). Il proprietario è tenuto a presentare lo scrivano avanti il conte e il Minor Consiglio perché presti giuramento. Mancando lo scrivano il comandante e i marinai, dovranno pagare sei iperperi e nulla pagherà la spedizione marittima.
La metà della sanzione andrà al denunciante, metà al Comune. Le imbarcazioni di stazza superiore a mille moggi prive di scrivano, pagheranno venti iperperi; e se i marinai navigano stipendiati, alla sanzione sarà tenuto il proprietario o i proprietari.

3. Corredo e armamento della nave - Si ordina che le navi della stazza da quaranta a sessanta milliari devono avere: tre cime nuove in pelle conciata, tre cime nuove per misurazione, cinque ancore, tre cime usate, due sartie e un cavo di attracco della lunghezza di settanta passi (m. 33,5 ca). E le navi della stazza da sessanta a cento milliari devono avere: quattro cime nuove, quattro cime nuove per misurazione, quattro cime usate, sei ancore, due sartie e due cavi di attracco, una vela grande di cotone e una vela maestra di lino. E le navi della stazza da cento fino a centocinquanta milliari devono avere: cinque cime nuove, cinque cime nuove per misurazione, sette ancore, cinque cime usate, due sartie, due cime di attracco della lunghezza di ottanta passi. E le navi della stazza di duecento milliari abbiano: sei cime nuove, sei cime nuove per misurazione, otto ancore, sei cime usate, due sartie e due cime di attracco della lunghezza di ottanta passi (m. 38 ca). E tutto il naviglio della stazza superiore a cento milliari abbia: una vela maestra, un fiocco, una vela grande di cotone, e una di lino e tutte queste vele devono essere in buono stato. Ugualmente le navi della stazza da duecento a trecento miliari abbiano: otto cime nuove, otto cime nuove per misurazione, e dodici cime adeguate, ciascuna della lunghezza di sessanta passi, tre cime di attracco, due nuove e una usata, della lunghezza di ottanta passi, dieci ancore, la vela maestra, due vele grandi, un fiocco, tutte di cotone e una vela comune di lino. E le navi della stazza da trecento a quattrocento milliari abbiano: dieci cime nuove per misurazione, e altre quattordici cime adeguate, tre sartie, due nuove e una  usata, dodici ancore, la vela di maestra, due vele grandi, un fiocco, e tutte di cotone, una vela comune di lino. E se la nave fosse superiore a quattrocento milliari, debba aumentare (l’armamento) in proporzione, come si accresce la nave da trecento a quattrocento milliari. E ciò sia inteso quando la nave lasci Ragusa. E se alcuna nave intenda uscire da Ragusa priva del suo corredo, come descritto, perfettamente armato, perché non l’abbia reperito a Ragusa né in acquisto, né in prestito, il proprietario o i proprietari devono presentarsi al conte o al Consiglio Minore, e ciò che il conte e la maggioranza riterranno si dovrà fare per l’armamento.

4. Proprietari in navigazione - Il proprietario che navighi su propria nave o imbarcazione dovrà giurare di osservare gli statuti. Nel caso di più proprietari soltanto uno di loro dovrà giurare. Chi tuttavia con la stessa nave o imbarcazione uscisse da Ragusa e non avesse l’armamento integro o se non fosse completo sia per le cime che per le ancore dovrà pagare tre iperperi al Comune e per ogni vela cinque iperperi.

5. Navigazione senza mercanti. - Se il proprietario viaggia senza mercanti, e la stessa nave o imbarcazione non è armata secondo Statuto, il proprietario deve presentarsi al conte e al Minor Consiglio mostrando il suo difetto, e allora sia tenuto a comportarsi come gli fosse ordinato.

6. Danni alle merci imbarcate - Verificatosi un danno alle merci imbarcate a motivo di una cattiva calafatura, e il proprietario con i suoi marinai in partecipazione non possano provare che quel danno si è verificato per evento atmosferico, lo stesso danno deve essere risarcito dal proprietario e dai marinai. E se una quantità minore di merci sia ritrovata allo sbarco rispetto a quanto annotato dallo scrivano, anche tale danno andrà risarcito dal proprietario e dai marinai. E se la nave navighi con equipaggio salariato e si sia verificato il danno sopraddetto, il proprietario o il capitano o il sostituto del proprietario risarciscano con beni propri pertinenti alla nave o all’imbarcazione.

7. Danni ad alberi ed antenne - Verificandosi danni alla nave o imbarcazione, Dio non voglia, agli alberi, antenne, vele, ancore, timoni, alla scialuppa, o qualsiasi altro corredo, il danno sia riparato con beni comuni alla spedizione marittima e poi con la nave stessa, stimando il valore della nave o imbarcazione un terzo in meno. Tuttavia se alcuno degli oggetti nominati e danneggiati siano adeguatamente riparabili, l’indennizzo sia parificato al minor valore.
Se in vero accadesse che la nave per maltempo debba essere alleggerita, ovvero subisse danni per pirateria, l’intero danno andrà risarcito quale avaria coi beni imbarcati , poi con la medesima nave stimandone (il valore) un terzo in meno.

8. Accordo tra proprietario e mercanti - Si dispone che per tutte le navi in navigazione in mare raguseo o fuori di esso con mercanti ragusei a bordo, il proprietario o il suo sostituto debba accordarsi con quelli, sia riguardo i marinai o i timoni, gli alberi, le antenne, altrettanto per il resto del corredo, e tale accordo debba essere annotato dallo scrivano. Tale accordo deve essere presentato al conte e ai consiglieri entro otto giorni, prima di salpare e se qualcosa mancasse, secondo quanto accordato, il conte con la maggioranza del Minor Consiglio, devono costringere il proprietario ad adempiere l’accordo.
E se tuttavia il proprietario non provvedesse, e la nave salpasse da Ragusa, il proprietario dovrà pagare un iperpero per milliare del carico della quale multa metà andrà al Comune metà ai mercanti. Se in vero saranno trascorsi otto giorni dall’arrivo a Ragusa senza la denuncia dei mercanti (essi) non potranno reclamare in futuro e il menzionato proprietario non patirà alcun danno. E se fuori Ragusa (su) alcuna nave ragusina (ci si) accordasse tra mercanti ragusei riguardi i marinai e all’armamento , come sopra detto, senza l’accordo del proprietario, se i mercanti domandassero di rivolgersi al conte, lo scrivano avrà l’obbligo di esibire l’accordo al conte e al Consiglio entro otto giorni dall’arrivo a Ragusa; in mancanza perderanno ogni diritto.

9. Divieto di caricare sopra coperta - Nessuna nave coperta caricata in Ragusa osi portare alcuna merce sopracoperta; e il contravventore pagherà al Comune una multa pari al doppio (del valore) del carico ritrovato sopracoperta. E lo scrivano è obbligato a manifestare detta merce al conte e al Consiglio, e omettendo (la denuncia) di tale merce, debba pagare egli stesso cinque iperperi; eccetto le merci trasportate in contenitori, che non debbono patire sanzioni.

10. Servitori dei mercanti - Nessun servitore dei mercanti osi trasportare un contenitore su qualsiasi nave in partenza da Ragusa che sia stata caricata da mercanti ragusei.

11. I capitani e i marinai non possono abbandonare la nave fuori Ragusa -
Il capitano e i marinai che navigano in partecipazione ai guadagni con una nave o imbarcazione che esca da Ragusa, non potranno abbandonare tale nave o imbarcazione, salvo un accordo con il proprietario o il suo sostituto. Il contravventore pagherà venticinque iperperi di cui la metà al nostro Comune e l’altra metà alla spedizione marittima con il capitano e i marinai. (?) E chi abbandonerà la medesima nave a Ragusa senza il consenso dell’proprietario o del sostituto dovrà pagare dieci iperperi; di cui la metà andrà al Comune, e l’altra alla nave con il capitano e i marinai. (?) Salvo legittimo impedimento, che deve essere constatato dal conte e la sua Curia.

12. Come i marinai devono compiere il viaggio - Tutti i marinai che navigano a salario e per un viaggio, devono completare tale viaggio, andando e ritornando, caricando e scaricando. E se il proprietario o il sostituto vogliono scaricare in un luogo fino alla metà del carico, cioè meno della metà del carico, o caricare altre cose per propria utilità, gli sia permesso se naviga senza mercanti. E se naviga con mercanti il proprietario o il suo sostituto deve accordarsi con essi. E i marinai devono completare il viaggio, come già detto; e se alcuno contravviene e lascia la nave, sia obbligato a restituire al proprietario o al suo sostituto il doppio del ricevuto o che deve ricevere come salario dal proprietario o dal suo sostituto. Però se il proprietario o il suo sostituto non pagano i marinai nel termine stabilito, da allora in poi sono tenuti a pagare il doppio a detti marinai.

13. Il capitano e i marinai non osino vendere la nave - Ordiniamo anche che nessun capitano o marinaio osi vendere una nave o un’imbarcazione senza il consenso del padrone o dei padroni della nave o dell’imbarcazione. E se il capitano o i marinai vendessero tale nave o imbarcazione, saranno tenuti a pagare il doppio del danno che il padrone o i padroni avranno chiesto di stimare sotto giuramento, e che la metà sia del Comune e l’altra sia del padrone o dei padroni della medesima nave o imbarcazione.

14. Proprietari che intendono vendere la loro nave - Ogni proprietario o sostituto è libero di vendere la nave o l’imbarcazione ove lo voglia senza che a ciò si possano opporre i marinai sia coloro che partecipano ai guadagni che quelli a salario tranne che si trovino in questi luoghi: nel paese dei Saraceni, dei Tartari, degli Almissani. E se la nave o l‘imbarcazione vengono venduti in Adriatico, il proprietario o il suo sostituto deve dare a ciascun marinaio un iperpero per tornare a Ragusa. E se viene venduta nell’Impero bizantino o in Sicilia deve dare a ciascuno due iperperi, e se fosse venduta altrove più lontano riceva (il marinaio),come detto, tre iperperi  per le spese di ritorno a Ragusa.
Se invero un marinaio voglia rimanere nel luogo dove la nave o l’imbarcazione sono stati venduti, potrà rimanere a sua volontà e non riceverà nulla per spese; e ciò si intende se la nave o imbarcazione siano stati venduti a stranieri. Però se è stata venduta a ragusei e se il proprietario voglia rimanere proprietario di una quarta o quinta parte della detta nave o imbarcazione, i marinai non avranno diritto alle spese per il ritorno a Ragusa, e saranno obbligati a compiere tutto il viaggio, come convenuto con il proprietario. E se la maggioranza dei proprietari vorrà vendere la nave o l’imbarcazione o metterli all’incanto, tra di loro, la minoranza non si potrà opporre. Però se la nave o l’imbarcazione verranno venduti nei menzionati luoghi vietati, il proprietario o il suo sostituto dovrà dare la terza parte del prezzo. Però, se verrà venduta in Almissa, perda tutto il prezzo.

15. Dei patti tra il proprietario, il capitano e i marinai - Se il proprietario di una nave o di un’imbarcazione fuori Ragusa abbia consegnato la sua nave o imbarcazione al capitano e ai marinai, sia che sia stata acquistata fuori Ragusa o che sia già propria, (?) quanto il proprietario della nave o dell’imbarcazione abbia convenuto col capitano e i marinai deve considerarsi fermo.

16. Del proprietario che viaggia come marinaio - Il proprietario della nave o dell’imbarcazione che viaggi su di essa come marinaio, non può comandare su tale imbarcazione tranne per quanto corrisponda alla sua parte; però sulle parti degli altri non può comandare affatto, senza il consenso degli altri proprietari ma può comandare per quanto concerne le attrezzature, come detto nei presenti statuti.

17. Spese necessarie alla nave - Affermiamo che se sarà necessaria qualche spesa sulla nave o imbarcazione, e la maggioranza dei proprietari è concorde nel sostenere tale spesa e la minoranza dissenta, si sappia che la maggioranza prevarrà sulla minoranza. E se la minoranza sconfitta dirà di non essere in grado di sostenere tale spesa o non la volesse fare, si sappia che gli altri soci possono prendere denaro a interesse sulla parte di coloro che non abbiano voluto sostenere tale spesa, come meglio potranno. E possono anche ordinare al capitano che prenda il denaro a prestito dalla entega o dalla spedizione con qualsiasi interesse possa conseguire. E se alcuno dei proprietari voglia navigare su tale nave come marinaio, gli altri proprietari non possono opporsi né trattenerlo affinché non vi navighi.

18.Nomina del capitano - Quando i proprietari della nave dell’imbarcazione decidano di eleggere e nominare il capitano, si sappia che la maggioranza dei proprietari prevarrà sulla minoranza e che chiunque la maggioranza eleggerà come capitano, questi sarà il capitano.

19. Schiavi che navigano come marinai - Gli schiavi che navigano come marinai sulle navi o imbarcazioni di Ragusa, vengano trattati come uomini liberi; e se uno schiavo marinaio durante la navigazione su tale nave o imbarcazione fuggisse o venisse fatto prigioniero, prima che la nave faccia ritorno a Ragusa, la sua parte di guadagno dovrà essere corrisposta al proprietario di tale schiavo e null’altro potrà ricevere per esso, lo stesso vale se un uomo libero verrà fatto prigioniero.

20. Schiavi che navigano come giornalieri - Stabiliamo che tutti gli schiavi dei proprietari della nave o dell’imbarcazione, che essi vogliano imbarcare o fare trasportare, il capitano li deve accettare come schiavi o non come uomini liberi. E si sappia che i proprietari potranno imbarcare in tale imbarcazione lo schiavo come giornaliero, quando tale imbarcazione sia pronta. E il capitano che accetterà tale schiavo, ha la potestà di frustare e colpire lo schiavo o gli schiavi dei proprietari e sottoporlo a disciplina durante la navigazione. E se tale schiavo o schiavi fuggiranno e si perderanno a causa di tali maltrattamenti, si sappia che il capitano e il suo equipaggio nulla devono a titolo di risarcimento per tale schiavo o schiavi, però la partecipazione (ai guadagni) dello schiavo per aver navigato è dovuta, come detto.

21. Giornaliero fuggitivo - Se il giornaliero di un proprietario della nave o imbarcazione fugge, si sappia che la parte di guadagni di tale giornaliero, verrà corrisposta al suo padrone, come se il giornaliero si trovasse sulla nave o imbarcazione; o il capitano dell’imbarcazione dovrà imbarcare un altro giornaliero per un salario uguale a quello del giornaliero fuggitivo o dovrà ritirare la paga giornaliera e depositarla nella cassa comune della nave o imbarcazione. E il padrone che abbia imbarcato detto giornaliero, dovrà pagare lo stesso salario che abbia dato al primo giornaliero.

22. Termini per i marinai che scadono prima della fine del viaggio - Se una nave o un’ imbarcazione inizia il viaggio e ha il capitano e i marinai a salario, e il termine per cui sono stati assunti scadesse a viaggio non concluso, vogliamo che il capitano e i marinai siano tenuti a completare il viaggio, se il proprietario o il sostituto lo vorranno; così tuttavia ciascuno di essi riceva per ogni giorno in più in proporzione ciò che aveva ricevuto prima computando i giorni.

23. Marinaio in partecipazione che si ammali - Se una nave o imbarcazione salpi da Ragusa Non marinai in partecipazione e se prima di lasciare il mare di Ragusa alcuno di questi si ammali, la spedizione non gli dovrà nulla. E se la nave fosse uscita da Ragusa, e alcuno dei marinai si ammalasse fuori Ragusa, e rimanesse malato in qualche luogo, gli sarà dovuto il compenso dell’intero viaggio di andata, come fosse presente; e altresì riceverà per le spese quanto ogni altro marinaio. Se però la stessa nave di ritorno in città, o nel luogo ove quel malato fosse sbarcato, e lo trovasse risanato, se quel marinaio volesse imbarcare e ripartire con la nave, gli sia permesso: salvo non sia stato sostituito.

24. Marinaio stipendiato che si ammali - Si dispone altresì come la nave che viaggi con marinai stipendiati, e se alcuno si ammali a Ragusa, se abbia ricevuto il soldo, debba restituirlo al proprietario o suo sostituto, e poi nulla gli deva la spedizione, e se la nave fosse uscita da Ragusa, e un qualche marinaio si ammalasse e sbarcasse in qualche luogo o città, debba ricevere la paga in proporzione al tempo del servizio prestato.

25. Morte del marinaio - Ordiniamo, se una nave navighi pagando a salario, e un marinaio muoia prima di completare il servizio, che questi sia pagato in proporzione del servizio prestato alla nave; e se navighi in partecipazione, e uno dei marinai morisse o più marinai, che ricevano (gli eredi) il dovuto soltanto per quel viaggio.

26. Disaccordo sulla divisione delle quote tra proprietario e marinai - Qualora il proprietario abbia dato la nave o imbarcazione in partecipazione e fosse sorta discordia tra il proprietario e il capitano e i marinai riguardo il numero delle parti (spettanti a ciascuno) e sulla questione mancassero testimoni, vogliamo sia dato credito al proprietario.

27. Il salariato che possa essere testimone - Si sappia che il marinaio salariato bene può essere teste, tra il capitano e i marinai in partecipazione e i mercanti; salvo che quel marinaio non sia uno schiavo, e la sua credibilità sia lasciata al giudicante.

28. Di coloro che vogliono dividere il guadagno fuori Ragusa - Se la nave o l’imbarcazione si trovasse fuori Ragusa e volendo dividere il guadagno conseguito lo si faccia, annotando tramite lo scrivano ciascuna parte separatamente secondo il ricevuto. E se alcun danno poi venisse alla nave dall’imbarcazione, tale danno debba essere risarcito secondo il ricevuto: e se il guadagno apparisse maggiore del danno, non si debba risarcire oltre il danno; e se fosse stata ripartita una somma inferiore all’ammontare del danno, costoro siano tenuti a risarcire limitatamente al guadagno.

29. Paraspodia non separabile - Nessuna nave o imbarcazione che navighi in partecipazione potrà separare la paraspodia della comunità della nave o dell’imbarcazione; e se alcunché fosse imbarcato per l’esigenza di alcun navigante, si debba fare col consenso del proprietario o del comandante, in modo che lo scrivano sappia quanto incassare per nolo, come per le altre cose imbarcate.

30. Compenso del capitano - Ordiniamo che nessun capitano o marinaio in partecipazione, riceva alcun compenso, se non che il capitano riceva due parti, come gli spetta, e non di più. Di tutte le cose avanzate da mangiare e da bere, come delle altre cose, nulla debba ricevere il capitano, ma tutto rimanga alla spedizione.

31. Marinai catturati - Se una nave o imbarcazione attracca in un porto o in altro luogo ove non vi sia un abitato e alcuno dei marinai o giornalieri scende a terra, non per servizio della nave o dell’imbarcazione, e viene catturato da qualcuno, il danno che patirà sarà a suo carico, similmente accadrà al mercante o ad altra persona. Se invece un marinaio scende a terra per volontà del proprietario o del capitano e subisce un danno, tale danno dovrà essere risarcito dalla comunità della nave o imbarcazione. E se il mercante sceso a terra per procurarsi viveri per sé o altri ricevesse un danno, tale danno dovrà essere riparato in natura.

32.Catturato a causa del pegno - Se una nave o imbarcazione attracca in una città che abbia un diritto di pegno sugli abitanti di Ragusa, e un mercante o marinaio o altra persona di tale nave o imbarcazione venga catturato a causa di tale pegno, e ricevesse un danno, tale danno dovrà esser risarcito dalla comunità della nave o imbarcazione, salvo che quel tale mercante, marinaio o altra persona vengano catturate per un debito proprio.

33. Navi catturate dai pirati - Se una nave o imbarcazione viene catturata dai pirati, o pignorata da qualcuno o sequestrata con la forza, e un raguseo, senza la volontà del proprietario della nave o dell’ imbarcazione la recupera, il proprietario dell’imbarcazione può e deve riceverla senza pagare un prezzo. E chi pagherà un prezzo per il recupero perda il prezzo pagato, e il proprietario della nave può riceverla, ovunque la trovi. E se colui che ha recuperato tale nave ovunque fuori da Ragusa, non vuole restituirla al proprietario senza questioni, sarà obbligato a restituirla a Ragusa con i profitti di tutti i viaggi che tale imbarcazione abbia compiuto dopo la richiesta in restituzione.

34. Obbedienza che i marinai devono al capitano - I marinai delle navi in viaggio sono tenuti ad obbedire al capitano durante il viaggio. E non possono dire al capitano o al sostituto del proprietario: “ritorniamo a Ragusa”; e non possono turbare alcun viaggio che il capitano o il sostituto del proprietario vogliano intraprendere. E chi lo vorrà turbare, dovrà pagare dieci iperperi; la metà vada al Comune e l’altra al proprietario o al sostituto del proprietario. E lo scrivano della nave o dell’imbarcazione è tenuto a segnalare al Conte e alla sua Curia il perturbatore o perturbatori entro otto giorni dall’arrivo a Ragusa; e se non lo segnalerà dovrà pagare dieci iperperi.

35. Relitti - Se la nave o l’imbarcazione troverà dei relitti o catturerà una nave o imbarcazione nemica, tutti i beni trovati dovranno essere divisi in quattro parti; una parte andrà alla stessa impresa marittima, un’altra accrescerà l’armamento della nave o imbarcazione, le restanti due parti andranno in parti eguali ai marinai e ai mercanti.

36. Il raguseo non può prendere a nolo un’imbarcazione straniera - Nessun raguseo può prendere a nolo un’imbarcazione forestiera, sotto pena di dovere dare il doppio di quanto pagato per il nolo, tale multa sarà percepita dal nostro Comune; tranne che si tratti di nave veneziana che bene può essere noleggiata.

37. Nolo e caparra - I mercanti che vogliono prendere a nolo una nave o un’imbarcazione devono dare un follaro per caparra in presenza dello scrivano della nave perchè il contratto sia perfezionato, e lo scrivano deve annotare tale caparra e tutti i patti stipulati contemporaneamente. E se il mercante o i mercanti vogliono recedere dal nolo sono obbligati a pagare l’intero nolo nell’importo pattuito, ciascuno per la sua parte. Se però abbiano dato per caparra più di un follaro, il proprietario della nave si deve accontentare della caparra. E se alcuno di coloro che hanno noleggiato la nave o l’imbarcazione muoia prima di versare la caparra, non sarà obbligato a pagare nulla al proprietario della nave per il nolo. E se ha imbarcato qualcuno sulla nave, vogliamo che sia obbligato a pagare in proporzione alle merci imbarcate.

38.Pezze di panno che devono essere imballate - Ordiniamo che il panno santillareno deve essere imballato in diciotto pezzi. Ugualmente il panno scarlatto deve essere imballato in 6 pezzi grandi per balla. Ugualmente il panno di cotone cinquanta per balla. Ugualmente il panno fiorentino e la tela di minore qualità otto pezzi per balla. Ugualmente la tela otto pezzi per balla, ugualmente la tela di Milano otto pezzi per balla. Ugualmentela tela di raso sei pezzi per balla. Ugualmente pezze piccole scarlatte sette per balla. Ugualmente il panno di fiandra sette pezzi per balla, ugualmente la tela di champagne sei pezzi per balla. Ugualmente per la seta di damasco sette pezzi per balla. Ugualmente la tela di Beauvais e la tela scarlatta di Bisanzio (?) sedici pezzi per balla, ugualmente la tela comune (?) e il broccato (?) otto pezzi per balla. Ugualmente la tela leggera di lana otto pezzi per balla. Ugualmente la tela comune (?) e il panno pesante 350 braccia di Venezia per balla. Ugualmente la tela di canapa e il panno di lino 1.600 braccia di Ragusa per balla. Il lino deve essere trasportato in volume del milliario grosso di Venezia. Ugualmente il ferro lavorato in volume di due milliari grossi di Venezia per balla. Ugualmente il ferro non lavorato tre milliari per balla e il rame lavorato mezzo milliario grosso per balla.

39. Merci che devono essere pesate - Stabiliamo che le mercanzie di tutti i luoghi che i cittadini di Ragusa trasportano a Venezia tanto la cera che il cuoio di capretto o di capra e di cuoio di ariete castrato, la lana, il cuoio di agnello o capretto conciato con allume, devono essere pesati al peso veneziano grosso. Però per un milliario siano considerate duemila pelli conciate di lepre, mille volpi per un milliario, duemila il cuoio di faina per un miliario. Il cuoio di scoiattolo sedicimila per un milliario, tela di porpora e seta un milliaio Veneziano sottile per un milliario. Così il cuoio bovino secco quaranta per un milliario. Il cuoio di castrato cinquanta per milliario, il cuoio di cervo sessanta per milliario. Così il cuoio di castrato o di ariete castrato 150 per milliario, cuoio di bufalo dodici per milliario, e cuoio porpora sessanta per milliario.

40. Merci che devono essere caricate sulla nave a peso - Stabiliamo che tutte le merci che vengono trasportate da Ragusa a Venezia devono essere pesate e caricate a peso. E lo scrivano è tenuto ad annotare tutte le merci per ciascuna sotto giuramento e se non lo fa, dovrà pagare cinque iperperi. Se la nave o l’imbarcazione a nolo è in viaggio per la Marca di Ancona e alcuno ponga sulla nave un numero superiore al noleggiato, deve pagare un nolo doppio per il sovrappiù. E se qualche mercante abbia noleggiato sia a Venezia che nella Marca e le merci siano rimastre a terra in tutto o in parte, il proprietario o il sostituto devono risarcire al mercante tanto quanto pare al conte e alla maggioranza del Minor Consiglio.

41. Merci trasportate nella Marca - Le merci da trasportare nella Marca Anconetana siano caricate in tale maniera ossia: sia caricato un centinaio per un centinaio, sia di cuoio di capra che di ariete, e un centinaio di cuoio di capriolo, per due centinaia di cuoio di capra, e 1.300 libbre di cera al peso di Ragusa, per un centinaio di pelle di capra, e centoventicinque cuoi porpora per un centinaio di cuoio e un miliaio di lana imballata per un centinaio di pelli e cento sclavine doppie per un centinaio di cuoio. (?)

42. Denaro imbarcato - La moneta ovvero il denaro che sono trasportati in Adriatico con nave o imbarcazione ragusea in entega, viaggiano a rischio dei proprietari delle monete stesse, per l’evidente pericolo del mare e dei pirati; e dell’intero capitale che quindi il padrone abbia conferito oltre il prezzo del nolo in andata e in ritorno e delle altre utilità che possa avere la nave o l’imbarcazione, due parti di guadagno vadano alla nave (id est ai proprietari della nave) e ai marinai e la terza parte al capitale.

43. Navi che escono dall’Adriatico - Se una nave o imbarcazione ragusea esce dall’Adriatico in entega per volontà del proprietario di monete, tale moneta viaggerà a rischio dei proprietari, poiché è evidente (il rischio del) mare e (dei) pirati. E dell’intero utile che sarà conseguito, abbiano la metà del guadagno l’entega e l’altra metà vada alla nave con i marinai.

44. Navi che viaggiano in entega - Per le navi o le imbarcazioni che viaggiano in entega, sia in Adriatico che fuori, sia il denaro che la merce a titolo di entega, devono avere un rischio comune e in malaugurato caso di danno, ogni danno a causa del mare o dei pirati sia sopportato dai proprietari della entega in comune. E se una persona vuole inviare merce per venderla con la nave che viaggia in entega per costituire tale merce in entega, tale merce verrà trasportata a rischio di chi la invia ma dopo la vendita il denaro ottenuto deve essere collocato in entega e poi correre il rischio comune a tutto il resto.

45. L’entega deve essere annotata dallo scrivano della nave - La nave o l’imbarcazione che esce da Ragusa, sia in Adriatico che fuori, in entega, tale entega deve essere annotata dallo scrivano sul libro di bordo e anche da chi ha ricevuto tale entega, sia dal proprietario che da altri. E si sappia che l’annotazione dello scrivano fa fede.

46. Dichiarazioni che il capitano e i marinai devono fare ai proprietari - Ordiniamo che se una nave o un’imbarcazione vuole uscire da Ragusa in entega, prima di farlo, il capitano e i marinai sono obbligati a manifestare al proprietario come i proprietari della entega che vi viaggiano, tutti insieme o alla maggioranza di essi, che cosa e quanto portano sulla nave. E se esce da Ragusa e non fa quanto detto, tale capitano e i marinai dovranno pagare al nostro Comune venticinque iperperi, non essendo tenuta la nave o i proprietari della entega a patire alcun danno, ma soltanto il capitano e i marinai. E lo scrivano è tenuto a riferire al Conte e al Consiglio  e se non li denuncierà, deve pagare al nostro Comune cinque iperperi.

47. Nave naufragata - Affermiamo che se una nave o un’imbarcazione che viaggia in entega fa naufragio, tale nave o imbarcazione deve essere riparata con il guadagno di chi l’abbia costruita e con il guadagno della stessa entega, ma non con il capitale della entega.

48. Di chi riceve entega in Adriatico - Ordiniamo che, se il capitano con i marinai accetta entega per navigare in Adriatico, egli non può uscire dall’Adriatico senza il consenso della maggioranza dei proprietari della entega. E se esce dall’Adriatico senza consenso e malauguratamente perde una parte delle monete, tutto il danno dovrà essere pagato dal capitano e dai marinai, e il capitale non sopporti danno alcuno.

49. Di chi perde l’entega - Statuiamo che tutte le navi o le imbarcazioni in entega dei cittadini di Ragusa che perdono il denaro posto in entega e anche le merci o il frumento o altra cosa posta in entega, come devono prendere parte ai guadagni, così vogliamo che ciascuno sopporti il danno della restituzione, sia per sé che per la nave e i marinai.

50. Di chi riceve colleganza in Adriatico - Se un raguseo riceva in colleganza sia denaro che merce da altro raguseo per navigare in Adriatico, lo stesso denaro o la stessa merce devono viaggiare a rischio del loro  proprietario e del guadagno che avrà il proprietario del denaro o della merce,  (dominus) deve avere due parti egli stesso e la terza parte all’altro (accipiens) salvo patto contrario. E si deve sapere che egli stesso (accipiens) non deve uscire dall’Adriatico senza il consenso dell’altro (dominus) e se lo farà e perda il denaro, tutto il rischio rimanga su di lui e i suoi beni.

51. Di chi riceve qualcosa in colleganza e perde qualcosa - Se un raguseo accetta in colleganza sia denaro che merci e ne perde una parte e il proprietario delle monete o della merce vuole ritirarle, gli sia permesso di farlo e chi lo abbia perso non sopporti alcun danno. Se il proprietario del denaro volesse lasciare il denaro, (l’accipiens) sarà obbligato a trattenerlo e a navigare con esso, fino a che potrà risarcire il danno. E sia chiaro che si tratta del mercante e non della spedizione marittima, a meno che non vi sia patto diverso. (?)

52. Marinaio inviato con denaro consegnatogli da suoi soci - Se un marinaio viene inviato con denaro dal suo capitano ed equipaggio e con i suoi soci in un luogo allo scopo di caricare la nave o l’imbarcazione o per scaricarla o per consegnarlo o per altro motivo, tale marinaio verrà creduto circa tale denaro e circa i fatti per cui fu inviato contro il capitano e detti suoi marinai; salvo che vi siano idonei testi, che saranno creduti.

53. Coloro che non investono tutto il denaro - Si sappia che se su una nave o imbarcazione fuori Ragusa rimangono denari della entega e si inizia a investire tale denari e non si investono tutti, e i marinai col consenso del capitano investono il loro proprio denaro in merci che i marinai acquistano come paraspodia e per volontà dello stesso capitano pongono tale merce sulla nave pagando il nolo e tale nave o imbarcazione arriva a Ragusa intatta con tali merci e denari che avanzarono dall’entega. Il proprietario dell’imbarcazione rimasto a Ragusa e non abbia viaggiato con essa, può tenere il capitale della sua quota che rimane di detta entega che non venne investito e il denaro ancora avanzato deve essere restituito a chi spetta.

54.Chi pone sulla nave una cosa pericolosa - Se un marinaio pone sulla nave una cosa pericolosa o vietata occultandola al capitano o al proprietario che sia o meno sulla nave, tale marinaio deve risarcire ogni danno prodotto da tale cosa pericolosa o vietata. E si intenda che ciò vale anche per il capitano e il proprietario.

55. Rogancia - Chiunque riceve qualcosa a titolo di rogancia, si sappia che egli non deve dividere né separare da sé e dalle sue cose quello che ha ricevuto; e se da ciò viene un danno e vanno perse (tali cose) è tenuto al risarcimento; a meno che vi sia diverso patto e tale patto sia ricevuto da testi fededegni.

56. Strina e pedocia (riscatto e compenso al pilota) - Vogliamo che se una nave o imbarcazione, in cui vi siano mercanti, dà qualcosa a qualcuno per strina o pedocia, o qualcosa d’altro per volontà della maggior parte di coloro che si trovano su tale nave, per la salvezza dell’imbarcazione o della nave, e dei loro averi che si trovano su detta imbarcazione, che ciò si debba restituire e pagare con tutti i beni che si trovano imbarcati come nel caso di avaria.

57. Di coloro che non hanno denaro per caricare - Se un capitano con i suoi marinai non ha denaro per caricare la nave, è lecito che egli con i marinai possa ricevere denaro da chiunque, tranne che si tratti di guadagni in discussione.

58. Coloro che gettano cose in mare - Decidiamo che se alcuno oserà gettare cose in mare dalla nave o imbarcazione, senza il consenso del capitano e della maggioranza di coloro che si trovano sulla nave, colui che lo ha fatto è tenuto a risarcire per tutto ciò che ha gettato.

59. Coloro che ricevono navi a nolo senza marinai - Ordiniamo che chiunque riceva una nave o un’imbarcazione o una barca a nolo senza marinai, tale nave, imbarcazione o barca debba viaggiare a rischio di chi l’ha ricevuta; salvo diverso patto. Però tutte le barche che viaggiano in tempo di vendemmia per trasportare il vino, in andata e in ritorno devono viaggiare a rischio del loro proprietario.

60. Coloro che ricevono barche a nolo in partecipazione - Ordiniamo che chiunque riceva a nolo una barca, una barcaccia o una lancia con partecipazione ai guadagni, con licenza o senza e conduce tale imbarcazione al porto di Ragusa completando il viaggio e la trae in secca, tanto che un uomo possa passare tra l’acqua e la nave senza toccare l’acqua, se tale barca dopo di ciò abbia iniziato a filtrare acqua, chi l’ha ricevuta non è tenuto a risarcire nulla per tale barca.

61. Coloro che ricevono imbarcazioni senza il consenso del proprietario - Chiunque riceva barche o altra imbarcazione senza il consenso del proprietario di tale imbarcazione ed essa filtrasse acqua, deve risarcire il proprietario e inoltre per ogni mese un romanatum.

62. Coloro che ricevono una barca per le vendemmie - Stabiliamo che chiunque riceve una barca, barchetta o lancia a nolo per diverse vendemmie, si sappia che chi prende dette imbarcazioni è autorizzato a viaggiare con esse per la vendemmia e ha diritto di affidarla ad altri per la vendemmia e può servirsi di dette imbarcazioni fino alla festa di San Michele. E dopo tutte le vendemmie può fare un viaggio con tali imbarcazioni per portare acqua e un viaggio per portare legna. E se entro detto termine si verifica un danno a dette imbarcazioni o alla loro attrezzatura, tutto il danno è a carico del proprietario delle imbarcazioni.

63. Imbarcazioni in comodato - Chiunque presti una barca senza compenso se tale imbarcazione viene persa tutto il danno è a carico del proprietario; e se nasce una lite e non vi sono testimoni, si darà credito al proprietario della barca.

64. Coloro che ricevono una barca per la vendemmia in un determinato luogo - Se qualcuno riceve una barca per la vendemmia in un certo luogo o in un certo porto e da tale luogo vada in altro luogo o porto e vendemmia altrove, dovrà pagare il nolo per due viaggi. E si sappia che tutta Zuppana è un unico porto. Tutta Calafotta è un solo porto. Tutta Calamotta è un solo porto. Malfo con Pallicio è un solo porto. Tutta Ambula fino a Cervella è un solo porto. Tutto Luncheto è un solo porto. Tutta Gravosa con Lapido e San Martino è un solo porto. Tutta Breno e Subbreno e Molina sono un solo porto. Tutta Belemo è un solo porto. Città Vecchia è un solo porto.

65. Coloro che scaricano vino da una barca all’altra - Se alcuna delle dette imbarcazioni è in viaggio per la vendemmia e scarica vino da detta barca chi lo riceve e lo carica su altra barca nello stesso porto, sappia che deve pagare per due viaggi.

66. Chi non può caricare la barca durante la vendemmia - Se alcuno riceve una barca per la vendemmia e non può caricarla con il suo vino e riceve vino di altri in tale barca, sappia che tutto il nolo, che ha ricevuto per l’altro vino, deve andare al proprietario della barca.

67. Giuramento dello scrivano della nave -Giuro sui Santi Vangeli di Dio che in buona fede e senza frode e cattiva intenzione annoterò tutte le merci che i mercanti caricheranno sulla nave sia per il proprietario della nave che delle merci; e tutte le merci che verranno poste sulla nave e marcate, tali marchi riporterò sul diario di bordo. E il terzo giorno dopo l’uscita dal porto dove saranno state caricate, darò a ciascuno dei mercanti la lista delle sue merci con il loro marchio, secondo quanto è scritto nel libro di bordo. E se il proprietario o il capitano stipuleranno qualche patto o accordo con i mercanti o con i marinai ed essi col consenso di entrambe le parti verranno da me e vorranno scritturare nel mio libro di bordo, li scritturerò legalmente senza frode.


Fine del libro settimo.


(Traduzione di Cristiano Caracci e Monica Zamparutti Caracci)


***


Indice alfabetico sommario
Ad partem – Ad partes
Vale anche per la Ragusa del ‘200 quanto bene scrive Giovanni Forcheri per la Genova del ‘300: “Il marittimo del secolo XIV non è un miserabile alla mercè dell’armatore, ma un uomo al quale la legge riconosce una quantità di diritti, accordandogli particolare tutela, compresi i vogatori, che allora non erano ancora dei prigionieri di guerra o dei condannati, ma uomini liberi, regolarmente assoldati.”
“Il marittimo del medioevo è del resto sovente persona che conferisce l’opera sua nell’impresa navigatoria al fine di dividerne poi gli utili insieme con l’armatore, i mercanti ed i finanziatori. Accetta quindi un determinato rapporto disciplinare indispensabile per la buona riuscita dell’operazione, ma, nel contempo, per quel che riguarda i rapporti patrimoniali, sta di fronte all’armatore e agli altri partecipi dell’impresa in veste di contraente, piuttosto che di subordinato.
A queste forme di ingaggio ad partes però, anche nello stesso diritto amalfitano, nel quale le forme associative erano tipiche, si contrapponeva quella dell’ingaggio a salario: ad marinariciam, per le fonti adriatiche.”
(G. Forcheri, Navi e navigazione a Genova nel trecento, Genova, 1974, pag.125).
Si tratta, dunque, del compenso al marinaio tramite partecipazione agli utili, contrapposto a marinaricia (Ragusa) cioè a salario fisso; a Ragusa era predominante il sistema ad partem, contrariamente a Venezia e il resto della Dalmazia.
Arra
Istituto analogo alla romana Arrha, è trattato, nello specifico, nel c. 37 del libro settimo. Nel libro VIII, al c. 17, l’istituto è trattato in generale e ne viene quasi data una definizione: “XVII. De arris. Si aliquis fecerit mercatum cum aliquo et pro ipso mercato dederit arram unum follarum, mercatum ipsum sit omnimode (sic) firmum et penitere non possit. Si autem dederit duos follaros vel plures vel aliquid aliud pro arra, possit penitere, teneatur tamen arras restituire duplicatas.”
Barca
Spesso indica scialuppa di salvataggio trasportata anche sulla nave.
Cantarium
Misura di peso del carico.
Cologancia
Tipico contratto di lex mercatoria, è il nome raguseo della commenda, la veneziana collegantia la cui prima regolazione scritta pare risalire al 1242. Usando terminologia ragugina, è il contratto per cui una parte, dominus, affida all’altra, accipiens, che intraprende un viaggio, merci e/o denaro perché li negozi per conto suo in quel viaggio, contro il compenso di una parte del lucro (di norma 2/3 al dominus 1/3 all’accipiens;salvo patto contrario), detratte le spese. La merce e/o il denaro rimane di proprietà del dominus che ne sopporta il rischio (c. 50 e ss.).
Culfo
Il mare Adriatico (anche per Ragusa)
De corso
Lunga navigazione
Entega
Altro contratto di lex mercatoria ma tipicamente ed esclusivamente raguseo (c. 42 e ss); contratto plurilaterale tra i proprietari della nave, i marinai ad partes e un mercante soltanto chiamato dominus; questi conferisce una somma per acquistare merci per suo conto, trasportarle e venderle altrove. Il lucro si divide secondo contratto ovvero in tre parti uguali.
Fortuna
Anche rischio nella navigazione.
Libacio
L’allegerire una nave in prossimità del porto trasferendo su piccole barche da libo parte del carico.
Lignum
Quasi sempre si legge navis vel lignum. Azzardiamo , quindi, come per L. non si intenda una imbarcazione minore sebbene diversa, cioè una galea.
Le costruzioni navali erano simili in tutto in Mediterraneo e, principalmente si distinguevano tra navi “tonde” e “sottili”; le prime veliere, avevano maggiore capacità di trasporto, erano più lente e meno sicure perché, in caso di tempesta, non potevano avvicinarsi sotto costa; la altre (di cui la galea era la più diffusa) navigavano soprattutto a remi, erano più veloci con minore capacità di carico ma più sicure; le merci preziose, infatti, dovevano essere trasportate esclusivamente in galea, cosicché tali merci erano chiamate “sottili”. Abbiamo, quindi, tradotto “navi e imbarcazioni” perché la galea, pur principalissima, non era l’unica imbarcazione “sottile”. (fuste, galeotte, sagitte).
Magister navis o nayclerius
Capitano che rappresenta gli interessi di tutti (proprietari della nave, mercanti, equipaggio).
Marinaricia
Vedi “ad partem”; marinaio salariato.
Milliarium
Misura di volume del carico, cioè di stazza.
Modius
Unità di stazza.
Mille moggi = un milliarium.
A giudizio di alcuni, nel XIII secolo né a Venezia né a Genova si aveva un’esatta distinzione tra portata/peso e stazza (volume); non pare così a Ragusa dove il cantarium (portata in peso) e il moggio (volume di capacità interna della nave, la stazza) mostrano la conoscenza della diversità dei concetti.
Mudua
Compenso al marittimo per un certo periodo di navigazione, comprendente anche più viaggi.
Paraspodia
Si concede ai marinai di imbarcare, senza pagare nolo, poca merce propria per trafficarla autonomamente; si intende come una forma di compenso (altrove: cantarata, portata, pacotille).
Patronus- Patroni navium
La navigazione medievale non conosceva  figure di ruolo o divisioni di funzioni troppo marcate: l’armatore, il comandante ecc…, come oggi li intendiamo, si individueranno col tempo. Qui il patronus è, certo, il proprietario della nave ma spesso anche membro dell’equipaggio e magari, se dotato di speciale competenza tecnica, era nominato capitano. Anche a Ragusa è conosciuta la comproprietà della nave, seppure affermatasi tardivamente, con l’incremento dei traffici.
Pedocia
Compenso al pilota che conduce la nave in luogo pericoloso o non conosciuto dal capitano.
Romania
Impero Bizantino.
Rogancia
Contratto per cui il rogatus per incarico del rogans, si reca in un paese lontano per vendere una certa merce, o investire in determinate mercanzie, una somma di denaro a lui affidata dal rogans per esclusivo profitto di questi. (c. 55)
Savorna-Saorna
Zavorra. Vale ricordare come l’argomento fosse, allora, principale: se lo zavorramento dovesse essere deciso dal proprietario della nave, dai naviganti o dai mercanti, rappresentanti di interessi diversi e contrastanti; fino a quando prevalse l’intervento pubblico e la questione si risolse nella normativa sul “bordo libero”.
Scribanus
Figura di assoluto rilievo nella navigazione medievale (a Ragusa se ne tratta già dal c.2).
Era comandato di tenere il libro di bordo dove annotava le merci caricate, gli accordi commerciali e quelli perfezionati durante il viaggio e, in genere, ogni avvenimento notevole e rilevante; tali annotazioni si intendevano veritiere e obbligatorie, prevedendosi sanzioni per le omissioni.
Nello S. si vede l’origine del commissario di bordo.
Servus
La normativa ragugina sulla schiavitù (abolita nel 1416) è contenuta organicamente nel libro VI (penale, c.42 e ss.); mentre il c. 19 del libro VII prevede che gli schiavi che navighino come marinai siano considerati uomini liberi.
Strina
Pare il contributo da pagare allo straniero che minacci la nave ragusea.

(Cristiano Caracci)

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